La domanda di trasporti merci cresce, e supera, l’offerta di camion, il settore dell’autotrasporto europeo è ora in crisi
Il caro-carburanti, un mercato schizofrenico e la guerra in Ucraina hanno aggravato un settore già da tempo alle strette a causa della mancanza di autisti.
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La forte aspettativa per una forte ripresa dopo due anni di pandemia è stata bruscamente gelata dalle diverse crisi di materie prime ed energia, prima, e dalle mosse di Mosca, poi.
Si ha avuto un calo dei carichi in transito nel Vecchio Continente dell’8% a gennaio e del 12% a febbraio. La dinamica così innescatasi è stata di tipo difensiva da parte del comparto dell’autotrasporto, il quale, già in difficoltà per i costi triplicati del carburante, ha progressivamente deciso di ridurre al minimo i mezzi circolanti.
Innescata la riduzione dell’offerta da parte dei vettori, è risalita la domanda che a marzo ha fatto segnare un +42%, ma le aziende di autotrasporto che non hanno la garanzia di viaggiare sempre a pieno carico e, comunque, con la certezza di doverlo fare accollandosi enormi costi operativi rispetto al passato, continuano a mostrare un atteggiamento prudenziale.
Si aggrava, così, la crisi dell’autotrasporto, stretto tra carenza di autisti, rincari del carburante, e la guerra in Ucraina. Allo stato attuale delle cose il rapporto tra domanda di trasporti merci e disponibilità dei camion è 70:30 (ovvero: se la domanda di camion è 70, l’offerta è solo 30).
Le cause, come detto, sono molteplici e la guerra in Ucraina è in buona sostanza la “goccia” che ha fatto traboccare un vaso già colmo sino all’orlo.
I principali problemi dell’autotrasporto europeo
Mancanza di autotrasportatori
La mancanza di autisti, prima causa del problema, non è un fenomeno esclusivamente italiano, ma nel nostro paese è più accentuato che altrove. Secondo le ultime stime, realizzate prima della guerra scatenata dalla Russia, in Italia mancano circa 20mila conducenti di mezzi pesanti. Parliamo in particolare di conducenti Tir di lunga tratta che obbligano l’autista a stare lontano da casa per 4-5 giorni a settimana.
Nel nostro paese, dei 1,2 milioni di titolari di patente E, il 46% ha già superato i 50 anni, mentre solo il 18% ha un’età inferiore ai 40 anni. Le imprese non riescono a trovare autisti per le proprie flotte a causa della lenta ma, inesorabile uscita dalla professione dei lavoratori più anziani, che non vengono rimpiazzati dai giovani, visto che questa professione non esercita più alcuna attrattiva sulle nuove generazioni.
Spesso si è detto che un freno all’ingresso è rappresentato dai costi elevati per ottenere la patente e la carta di qualificazione del conducente (5-6mila euro), ma secondo alcune associazioni di categoria, la verità è che l’autista di lunga tratta di mezzi pesanti rientra tra quelle professioni che gli italiani non vogliono più fare.
In Germania, per superare il problema, stanno portando le autoscuole nei Paesi in via di sviluppo, formando autisti esteri che poi assumono a Berlino. Fare accordi bilaterali tra governi e fare formazione professionale direttamente all’estero potrebbe rappresentare una strada per una possibile soluzione.
Il costo dei carburanti
Un’altra causa della crisi dell’autotrasporto è rappresentata dal caro-carburanti. Infatti, l’aumento del prezzo alla pompa ha aumentato sensibilmente i costi per gli operatori del settore, azzerando in alcuni casi i margini, costringendo così, alcune aziende dell’autotrasporto a ricorrere alla soluzione più ovvia, vale a dire tenere parte delle flotte in garage.
Tale criticità è stata, in parte, attenuata dal decreto anti-rincari varato, il 3 maggio 2022, dal governo italiano, con il quale si è previsto fino all’8 luglio 2022 la riduzione delle aliquote di accisa sui carburanti per la benzina e il gasolio (nel primo caso la misura dell’accisa passa da 728,40 a 478,40 euro per 1.000 litri; per il gasolio usato come carburante, invece, l’accisa si riduce da 617,40 a 367,40 euro per 1.000 litri).
La guerra in Ucraina
Infine, il settore dell’autotrasporto è stato travolto dalla guerra in Ucraina. Il primo effetto collaterale è stata la letterale sparizione di moltissimi autisti operativi sui mercati europei, infatti, gli ucraini costituiscono una buona fetta dei camionisti che lavorano per ditte EU. Molte aziende non sanno neanche dove siano molti di questi lavoratori, risucchiati nel vortice della guerra in patria.
Il secondo è lo stop delle attività dell’industria ucraina, che non ordina e non spedisce più nulla, azzerando dunque una discreta fetta dei traffici su gomma in Europa, così come hanno fatto le sanzioni contro Mosca e l’import-export nei suoi confronti: i carichi in transito verso l’Ucraina sono calati del 50% da inizio conflitto, dell’80% quelli in uscita, dell’85% il traffico verso la Federazione russa.
Nel vecchio continente, il rapporto tra merci da trasportare e camion prima della guerra rimaneva stabilmente compreso fra rapporti percentuali del 60:40 e 40:60. Adesso, come già detto, il rapporto tra domanda di trasporti merci e disponibilità dei camion è invertito rispetto alla condizione pre-bellica: se 70 è la domanda, 30 è l’offerta.
Resta assai complicato prevedere come il settore potrà riassestarsi e, come fatto in Germania, potrebbe rendersi necessario considerare degli aiuti e degli alleggerimenti fiscali sulle società di autotrasporto, strette in una morsa davvero imprevedibile.
–A cura di Filippo Samminiatesi–